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Il decalogo del WWF per un “New deal for Nature and People”

Nel corso della Peccei Lecture 2019 che ha visto come relatore d’eccezione Sir Robert Watson il WWF Italia ha lanciato il decalogo italiano per un New Deal for People and Nature, una vera e propria Road Map in 10 mosse rivolta all’Italia per arrestare la perdita di biodiversità che prosegue a ritmi vertiginosi. Come dimostra l’allarme lanciato dalle Nazioni Unite nel più aggiornato e autorevole assessment sullo stato della biodiversità planetario dell’IPBES (“la natura soffre di un declino senza precedenti”) che è stato lanciato quest’anno, proprio sotto la presidenza di Bob Watson.
Le richieste del WWF per rendere operativi e concreti gli sforzi necessari per la nuova strategia decennale (2020-2030) destinata a fermare la perdita di biodiversità nel mondo che sarà elaborata formalmente in sede ONU nel 2020, si concentrano attorno a tre obiettivi specifici, ambiziosi e sfidanti come richjede lo stato di emergenza planetaria in cui ci troviamo, da raggiungere entro il 2030:

  • Arrestare la perdita degli habitat naturali (Zero Loss of Natural Habitats),
  • Dimezzare l’impronta ecologica dei processi di produzione e consumo (Halve Footprint of Production and Consumption),
  • arrestare l’estinzione delle specie viventi (Zero Extinction of Species).

Per promuovere l’urgenza di questi obiettivi il WWF, insieme ad altre organizzazioni internazionali, ha avviato una massiccia mobilitazione di governi, parlamenti, imprese, organizzazioni, cittadini per raggiungere un New Deal for Nature and People che comprenda una road map di obiettivi e indicatori chiari e coerenti con il fine di proteggere efficacemente almeno il 30% della superficie del nostro pianeta entro il 2030 giungendo al 50% entro il 2050.
La proposta del New Deal for Nature and People ha l’ambizione di porre all’attenzione dei governi mondiali la necessità e l’urgenza di un approccio concreto e integrato che consenta di conseguire al 2030 risultati significativi per la stabilizzazione del clima e la decarbonizzazione della nostre economie, per la protezione e il restauro degli ecosistemi e della biodiversità, per la concretizzazione degli  Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 e degli accordi presi e che si prenderanno nell’ambito della grandi convenzioni ONU sul clima e la diversità biologica.
La sfida a breve termine, per il 2020, sarà quella di ridefinire anche per l’Italia una Strategia Nazionale per la Biodiversità, con pochi obiettivi concreti ed operativi, in sinergia con la Strategia globale che sarà definita nell’ambito della Convenzione Internazionale per la Diversità Biologica e la nuova Strategia dell’Unione Europea conseguente ad essa. Il “New Deal for Nature and People” indica la rotta da seguire.

IL DECALOGO ITALIANO PER 

UN NEW DEAL FOR NATURE AND PEOPLE

  1. Biodiversità: attuare un piano di azione per la conservazione della Natura, rafforzare il sistema delle aree protette e sviluppare un programma nazionale di restauro degli habitat degradati
    Serve un Piano di Azione per la conservazione della Natura e il restauro ecologico, che come obiettivi primari abbia la tutela di habitat e specie, ma anche la gestione del 30%  del territorio nazionale terrestre (oggi è il 18%) e del 30 % di quello marino (oggi è il 7%) secondo criteri di conservazione e valorizzazione del capitale naturale, vincolando almeno il 10% dei Fondi comunitari della programmazione 2021-2027 (FEASR, FESR, FSE, FEAMP, Coesione) all’attuazione della Strategia Nazionale per la Biodiversità, destinando in 10 anni almeno 150 milioni di euro di Fondi nazionali. La rete delle aree naturali protette, si potrà rafforzare grazie a un finanziamento pubblico statale annuale di 120 milioni da destinare ai 28 Parchi nazionali istituiti e 50 milioni di euro per le Aree Marine protette. Serve, inoltre, un programma nazionale di restauro degli habitat degradati terrestri e marini.
  2. Clima e Energia: accelerare la transizione verso l’economia decarbonizzata e assicurare che sia giusta
    In Italia va attuata entro il 2030 una riduzione pari almeno al 55% delle emissioni (del 65% a livello europeo), in linea con il percorso di totale decarbonizzazione entro la metà del secolo, e di conseguenza innalzati gli obiettivi relativi alla quota di approvvigionamento energetico coperta dalle rinnovabili e quelli di efficienza energetica. Servono risorse finalizzate ad un’innovazione a carbonio zero, escludendo dai benefici tutte le tecnologie e le infrastrutture che implicano l’uso di combustibili fossili.
  3. Governo dell’Ambiente: affermare e praticare la giusta transizione nelle politiche governative
    Per gestire la conversione ecologica del sistema produttivo, si dovranno istituire un Ministro per la transizione ecologica e la sostenibilità e un Tavolo di confronto sulla giusta transizione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che coinvolga gli stakeholder.
  4. Sviluppo sostenibile: integrare il capitale naturale nei sistemi economici e finanziari
    Entro il 2030 il valore del capitale naturale deve essere pienamente integrato negli strumenti di programmazione economico-finanziaria delle imprese e dell’amministrazione pubblica, ed essere calcolato nelle politiche settoriali a tutti i livelli, come proposto dal Comitato Nazionale per il Capitale Naturale. Il calcolo del PIL deve essere profondamente rinnovato, grazie all’utilizzo di indicatori di benessere come il BES (Benessere Equo e sostenibile) mentre i SAD, i sussidi ambientalmente dannosi – che oggi ammontano a quasi 20 miliardi di Euro, di cui 16,8 a sostegno dei combustibili fossili – devono essere progressivamente (entro il 2025) aboliti, favorendo al contempo le misure che premino le scelte produttive e di consumo virtuose.
  5. Agricoltura: promuovere la transizione agroecologica delle filiere agricole
    La transizione verso un’agricoltura più sostenibile deve accelerare mediante la certificazione in agricoltura biologica del 40% della Superficie Agricola Utilizzata e del 100% della SAU nelle aree Natura 2000; con la presenza di infrastrutture verdi nel 10% della Superficie Agricola Totale italiana e la riduzione dell’80% (rispetto ai livelli 2020) nel consumo di pesticidi e fertilizzanti chimici a base di azoto e fosforo.
  6. Acque interne: raggiungere un buono stato ecologico dei corpi idrici
    In tutti i bacini idrici si deve raggiungere l’obiettivo della gestione ecologica delle acque superficiali, restituendo la centralità del loro governo all’Autorità di Distretto. Entro il 2027 va raggiunto l’obiettivo europeo del “buono stato ecologico” dei corpi idrici (superficiali e sotterranei), aumentando almeno, dal 20% al 50% la quota dei fondi nazionali per la riduzione del rischio idrogeologico.
  7. Acque marine: gestire le risorse del mare con un approccio ecosistemico
    L’Italia deve raggiungere i traguardi ambientali definiti nella la Strategia Nazionale Marina (aggiornata nel 2018) e gestire il 100% dei mari italiani attraverso l’implementazione dei piani spaziali marittimi basati sull’approccio ecosistemico, che integrino reti di Aree Marine Protette gestite efficacemente, e una gestione sostenibile delle attività di pesca che riduca significativamente il sovrasfruttamento  ed elimini la cattura accidentale delle specie vulnerabili come mammiferi marini, tartarughe e squali. Bisogna sviluppare un piano di pesca ecologicamente sostenibile, non industriale, in grado di valorizzare la biodiversità e le comunità locali.
  8. Foreste: mantenere e incrementare la qualità degli ecosistemi forestali nazionali
    Il patrimonio forestale italiano deve essere gestito secondo criteri ecologici, superando i limiti del Testo Unico Foreste 2018. Fra gli obiettivi quello di migliorare lo stato di salute e la resilienza delle foreste nazionali più a rischio per disastri naturali e antropici dipendenti o amplificati dal riscaldamento globale; di mantenere e incrementare la qualità degli ecosistemi forestali nazionali e i benefici che ne derivano; arrestare e invertire i trend di riduzione in superficie, la consistenza delle popolazioni di specie vegetali e animali, nonché di perdita di habitat.
  9. Aree urbane: fermare il consumo di suolo e rivoluzionare la pianificazione urbanistica
    Con l’attuazione di una norma che stabilisca obiettivi nazionali e regionali per fermare l’ulteriore consumo di aree libere, incentivando una rigenerazione urbana che consideri il suolo bene comune e risorsa non rinnovabile e con l’avvio di piani urbanistici territoriali che integrino il paesaggio, la biodiversità e la rete ecologica nei sistemi urbani e tengano conto delle misure e delle azioni necessarie alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici e alla sicurezza delle popolazioni dai rischi derivanti dagli eventi meteorologici estremi, verrà bloccato il trend alla polverizzazione (sprinkling) dell’urbanizzazione del territorio, tipico del nostro Paese.
  10. Trasporti e infrastrutture: favorire le modalità di trasporto a basso consumo di suolo e low carbon
    Serve un Piano Nazionale della Mobilità, che aggiorni il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica del 2001 basandosi sull’analisi della reale domanda di mobilità degli Italiani, e che abbia come obiettivo interventi che favoriscano le modalità di trasporto a basso consumo di suolo, low carbon, meno inquinanti ed energivore, puntando sul rinnovamento delle reti o la costruzione di infrastrutture meno impattanti per le modalità di trasporto.

Nell’Earth Day WWF YOUng suona la sveglia per la Terra

Nel Cinquantesimo anniversario dell’Earth Day le ragazze e i ragazzi del WWF YOUng hanno deciso di far sentire la propria voce per difendere il Pianeta e costruire un futuro sostenibile, pur rispettando i limiti imposti dalla quarantena, con un’iniziativa che fa molto “rumore”. L’azione è stata organizzata sui social e ha coinvolto tutti i giovani della rete Young.

A mezzogiorno, infatti, ognuno sul proprio terrazzo, balcone o dalla propria finestra, muniti di campane, pentole o strumenti musicali è chiamato “a dare la sveglia” a chi ancora non ha compreso che dalla salute del nostro Pianeta dipende anche la nostra. L’invito è anche quello di pubblicare la propria azione sui social con l’hashtag #flashmobxlaterra.

L’Earth Day continua poi per tutto il giorno sul sito web e sui canali social del WWF Italia: una ulteriore occasione per raccontare la natura, dalle Oasi WWF ai paesi più remoti dove a livello internazionale opera l’associazione. Si alterneranno le immagini (anche di tigre) catturate in Nepal dalle camera trap ai consigli per salvare gli oceani con un consumo sostenibile di pesce, grazie all’iniziativa dell’eco-blogger Lisa Casali. 

CORONAVIRUS: WWF CHIEDE STOP DEFINITIVO A MERCATI DI ANIMALI SELVATICI VIVI O MORTI

Da oggi attiva petizione rivolta all’Organizzazione Mondiale della Sanità per fermare un commercio crudele che ha messo in fortissimo pericolo la nostra salute

Firma la petizione>> wwf.it/illegaltrade Link alla cartella multimediale>>   #aprilagabbia #stopillegaltrade   Chiudere immediatamente i mercati in cui si commerciano animali selvatici, vivi o morti. Rafforzare le attività di contrasto al commercio illegale di specie protette e lavorare per ridurre la domanda di prodotti derivati da specie selvatiche attraverso l’aumento di controlli, di sanzioni e attraverso una corretta informazione delle persone che sono coinvolte in queste attività. Sono queste le richieste di una petizione rivolta all’Organizzazione Mondiale della Sanità, lanciata oggi dal WWF Italia che chiede ai cittadini di sostenere la richiesta rivolta alle istituzioni internazionali.   La pandemia legata al contagio da COVID-19 ha messo in luce il collegamento tra le malattie zoonotiche (quelle che si trasmettono dagli animali all’uomo) e il commercio di animali selvatici, in particolare nei mercati asiatici. Il 60% delle malattie infettive emergenti sono trasmesse all’uomo da animali e fra queste più del 70% deriva da animali selvatici. Malattie pericolose come SARS, Ebola, Dengue e molte altre ancora, sono collegate al nostro crudele sfruttamento di animali selvatici.   Con il report Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi il WWF ha evidenziato come la diffusione delle malattie virali come quella legata alla pandemia che ci costringe nelle nostre case da settimane siano intimamente legate alla distruzione degli ambienti naturali e al commercio, legale e illegale di specie selvatiche: un commercio che avviene in condizioni igienico-sanitarie inesistenti e a stretto contatto con le persone che affollano ogni giorno questi luoghi. È a partire da questa drammatica promiscuità che i virus riescono a passare da specie a specie e dagli animali all’uomo con un meccanismo chiamato spillover. Sembra sia stato proprio questo il meccanismo con cui da un mercato cinese, a Wuhan, si sia generata l’epidemia del coronavirus.   Purtroppo, né l’impatto sulla nostra salute né le sofferenze e il triste destino che devono subire gli animali vittime di questo brutale traffico hanno convinto tutti i paesi asiatici a fermare la vendita di animali selvatici nei loro pericolosi mercati. Nonostante un sondaggio commissionato proprio dal WWF abbia dimostrato come il 90% dei cittadini di 5 paesi asiatici siano in realtà favorevoli alla chiusura di questo vero e proprio scempio.   Il WWF chiede, quindi, all’Organizzazione Mondiale per la Sanità, a cui è affidato il compito di tutelare la salute e di proteggerci da future pandemie, di avviare subito tutte le azioni necessarie affinché i mercati di animali selvatici, focolai di pericolose malattie, vengano definitivamente chiusi.   Roma, 16 aprile 2020

CORONAVIRUS, NONOSTANTE L’EMERGENZA REGIONI PENSANO ALLA CACCIA

Un comportamento gravissimo che viola le leggi e i decreti del Governo

    In queste settimane, mentre l’Italia è in piena emergenza “Coronavirus”, molte regioni, approfittando del comprensibile e basso livello di attenzione della opinione pubblica, stanno emanando provvedimenti a favore della caccia, a partire dalle leggine incostituzionali fino alle autorizzazioni per l’attuazione di piani di “controllo” della fauna, che consentiranno ai cacciatori-selecontrollori di uscire sul territorio in totale disprezzo ai provvedimenti restrittivi assunti dal Governo.  Lo denunciano le associazioni ENPA, LAC, LAV, LIPU e WWF ITALIA, che sottolineano come la “caccia e attività connesse” siano escluse da quelle che sono state autorizzate in quanto non differibili.   Alcune regioni, come l’Emilia-Romagna e il Veneto, continuano a mantenere attivi o ad attivare i “piani di controllo della fauna selvatica” non solo con personale pubblico – che potrebbe essere impiegato diversamente in questo periodo – ma anche con l’ausilio di operatori privati – ovvero cacciatori – consentendo loro di spostarsi all’interno delle rispettive province a nonostante le limitazioni introdotte per contenere il contagio.  La Regione Sardegna ha trovato il tempo di approvare l’ennesima norma incostituzionale proprio sul controllo faunistico, dando la possibilità al proprietario di un fondo agricolo di coinvolgere liberamente, attraverso una delega, il cacciatore di turno.  Eppure, sono ben sei le sentenze della Corte Costituzionale che hanno bocciato analoghe leggi proprio perché introducevano figure private non contemplate dalla legge nazionale 157 del 1992 sulla tutela della fauna.  Ancora peggio, la Regione Piemonte che, noncurante della già grave pressione venatoria subita da molte specie di uccelli selvatici e dei richiami dell’Unione Europea ha formulato un nuovo disegno di legge per regalare ai cacciatori possibilità di sparo per altre 15 specie (delle quali molte versano in stato di conservazione sfavorevole), cancellando invece la norma che avrebbe consentito ai proprietari dei fondi di vietare la caccia sui propri terreni.   Anche la Regione Puglia ha recentemente emanato un provvedimento che prevede l’aumento del numero dei rappresentanti delle associazioni venatorie nelle commissioni esami per il rilascio della licenza di caccia, da 3 a 6, a discapito della componente ambientalista. Il Lazio ha addirittura approvato una norma per la caccia nelle “aree contigue” del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dove vive l’Orso marsicano già a rischio di estinzione.    “Tutte queste misure – concludono le associazioni – determinano l’illegittimo abbassamento del livello di tutela dell’ambiente e della fauna selvatica previsto dalla normativa nazionale e sovranazionale e perseguono il solo ed unico obiettivo di ampliare i margini per lo svolgimento della pratica venatoria che, lo si ribadisce, è una mera attività ludica, violando addirittura i DPCM emanati a tutela della salute pubblica. Un atteggiamento che va davvero condannato, in un momento in cui dovremmo tutti sostenere le iniziative di sicurezza del Governo e operare solo e unitamente per il bene comune”.   Questo comunicato è inviato a nome e per conto  delle Associazioni di protezione ambientale: WWF, Lega Italiana Protezione Uccelli, Lega Abolizione Caccia, Ente Nazionale Protezione Animali e LAV.   Roma, 3 aprile 2020

Il coronavirus avanza anche con la distruzione dell’ecosistema

Le malattie che disegnano la storia e tormentano le giornate dell’uomo sono dovute proprio a quegli organismi che mettiamo più in basso nella gerarchia delle specie: batteri, virus, protozoi e nematodi. Questo esercito di piccoli e agguerriti parassiti è quotidianamente alimentato da tutto quello che di pericoloso facciamo nella biosfera.

Facilitati dalla distruzione degli ecosistemi e dal riscaldamento globale, dall’inquinamento e dall’aumento della popolazione, i nostri veri nemici stanno vivendo una rivoluzione epocale: hanno nuovi spazi da conquistare e nuove prospettive di sviluppo. Viaggiano in aereo, si diffondono negli ambienti degradati o nei centri affollati e, soprattutto, approfittano dell’assenza o della scomparsa di piante e animali che in qualche modo li tenevano a bada.

Come scrive il naturalista David Quammen (“Spillover” Adelphi 2017) “là dove si abbattono gli alberi e si uccide la fauna, i germi del posto si trovano a volare in giro come polvere che si alza dalle macerie…i virus si adattano bene e velocemente alle nuove condizioni create dall’uomo”. Le cosiddette malattie emergenti – come Ebola, AIDS, SARS, influenza aviaria, influenza suina e oggi il coronavirus – non sono catastrofi naturali e accadimenti del tutto casuali, sono spesso la conseguenza del nostro intervento maldestro di distruzione degli ecosistemi.

Gli ecosistemi naturali, come le foreste, le praterie, la rete di acque dolci e salmastre, vengono distrutti per far posto alla sempre più invadente presenza umana umana, che si circonda di cemento, asfalto, di terra nuda coperta di rifiuti. Scompaiono gli ecosistemi naturali e con loro i piccoli e grandi animali che si cibano dei nostri parassiti (pensiamo solo ai grandi divoratori di zanzare come pesci e uccelli) e arrivano a frotte i microrganismi responsabili delle nostre infezioni.

Le periferie, degradate e senza verde di tante metropoli tropicali, si trasformano un crogiuolo perfetto per malattie pericolose come la febbre dengue, il tifo, il colera, la chikungunya (ce la siamo già dimenticata?).

I mercati di quelle stesse metropoli, che siano in Africa o in Asia, spacciano quello che rimane della fauna predata: animali selvatici vivi, parti di scimmie, carne di serpente, scaglie di pangolini, e tanti altri ancora, creando nuove succose opportunità per vecchie e nuove zoonosi.

E in tutta questa sarabanda il riscaldamento globale è l’ultimo perfetto condimento: quale virus o batterio non predilige il caldo umidiccio delle nuove condizioni climatiche?

Questo è il drammatico scenario che con la distruzione della biodiversità ci stiamo allegramente apparecchiando.

A questo punto abbiamo davanti a noi due strade. Possiamo immaginare un futuro con ospedali sempre più grandi, vaccini sempre più potenti, disinfettanti sempre più tossici, oppure possiamo rimboccarci le maniche e iniziare a ricostruire qualcosa di quello che abbiamo distrutto rimettendo insieme i pezzi degli unici sistemi in grado di proteggerci da epidemie e catastrofi: gli ecosistemi. A noi la scelta.

Brescia, traffico illegale di rifiuti: scoperto capannone sul Garda.

Da Il Corriere della Sera Brescia del 29 Novembre 2019

A Solano mille tonnellate di materiale di scarto stipati nel magazzino. Due le persone arrestate.

Con un’operazione tra Lombardia e Veneto, i Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Brescia hanno dato esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare (una in carcere ed una agli arresti domiciliari) emesse dal Gip del Tribunale di Brescia, Alberto Pavan, nei confronti di G.A.,
54enne di Viadana (Mn) e V.G. 40enne della provincia di Treviso, per traffico illecito di rifiuti. Le attività investigative coordinate dal Sostituto Procuratore Roberta Panico, hanno consentito di individuare l’esistenza di un gruppo criminale operante nel campo del trattamento e trasporto dei
rifiuti, dedito alla gestione e smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, provenienti prevalentemente da Toscana e Campania, oltre che dalla Lombardia, mediante lo stoccaggio ed il loro successivo abbandono in capannoni industriali dismessi.
L’indagine ha avuto inizio nell’ottobre del 2018 con il sequestro a Soiano del Lago di un capannone industriale all’interno del quale erano state illecitamente stoccate oltre 1.000 tonnellate di rifiuti speciali non pericolosi, in particolare rifiuti prodotti dal trattamento meccanico, classificati come imballaggi in materiale misto. Nei primi mesi di quest’anno sono stati sequestrati altri due capannoni nel Mantovano dove erano state stoccate 1.200 tonnellate di rifiuti dell’industria tessile.
Il profitto è stato quantificato in circa 400.000 euro. L’operazione rientra in una più vasta attività investigativa coordinata dalle Procure Distrettuali di Brescia e di Reggio Calabria che ha consentito la contestuale esecuzione di numerosi provvedimenti restrittivi nei confronti di altre persone resesi
responsabili di gravi episodi delittuosi, compiuti anche con modalità mafiose, in provincia di Brescia e Reggio Calabria.

Coalizione di 90 associazioni in 17 paesi europei lancia una raccolta firme ICE (Iniziativa Cittadini Europei) per vietare pesticidi, trasformare l’agricoltura e salvare la natura.

Lancio della grande campagna europea per vietare i pesticidi, trasformare l’agricoltura e salvare la natura, il WWF Italia tra le Associazioni che raccoglieranno le firme nei prossimi 11 mesi per chiedere una normativa più severa per l’uso dei pesticidi

Parte oggi ufficialmente la raccolta delle firme per una nuova Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) finalizzata ad eliminare gradualmente i pesticidi sintetici entro il 2035, sostenere gli agricoltori e salvare la natura. Il WWF Italia aderisce a questa iniziativa e parteciperà attivamene alla raccolta delle firme, nei prossimi 11 mesi, per chiedere anche nel nostro Paese una normativa più severa per l’uso dei pesticidi in agricoltura e in città, ad iniziare dalla revisione del Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari. Se saranno raccolte almeno un milione di firme in sette Paesi membri dell’Unione Europea, entro settembre 2020, la Commissione e il Parlamento UE saranno tenuti a valutare entro tre mesi la possibilità di trasformare le richieste dei cittadini che hanno sottoscritto questa campagna in provvedimenti normativi e, in ogni caso, dovrà giustificare la sua decisione. [1]
La campagna dal titolo “Salviamo le Api! Protezione della biodiversità e miglioramento degli habitat degli insetti in Europa” è promossa da una coalizione di 90 organizzazioni in 17 diversi paesi europei, con il supporto delle Associazioni degli agricoltori biologici. Queste Associazioni chiedono alla Commissione Europea di “adottare una legislazione più efficace per preservare e migliorare gli habitat degli insetti in quanto indicatori di un ambiente incontaminato”.
Numerosi appelli di scienziati, da ogni parte del mondo, chiedono ai decisori politici l’avvio e un adeguato sostegno alla transizione ecologica dell’economia per fermare il collasso della natura. Un quarto degli animali selvatici europei è gravemente a rischio di estinzione, mentre la metà dei siti naturali è in condizioni ecologicamente sfavorevoli e i servizi ecosistemici che dipendono dalla biodiversità si stanno deteriorando.  [2]
Nel frattempo, la sostenibilità economica delle aziende agricole in Europa viene compromessa da dinamiche di mercato che impongono agli agricoltori prezzi iniqui per i loro prodotti e dalla mancanza di un adeguato ed equo sostegno politico ed economico attraverso una PAC (Politica Agricola Comune), che premia le rendite fondiarie e modelli di produzione intensivi che inquinano le acque, i suoli e uccidono la natura. Nel frattempo le grandi imprese multinazionali dell’agrochimica impongono il rinnovo di autorizzazioni per l’uso di sostanze chimiche di sintesi pericolose per la nostra salute e per gli ecosistemi naturali, come nel caso del Glifosate. Quattro milioni di piccole aziende agricole sono scomparse nell’UE tra il 2005 e il 2016. [3]
Questa Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE) invita la Commissione europea a presentare proposte legislative finalizzate a:

  1. Ridurre gradualmente ed eliminare i pesticidi di sintesi: eliminare gradualmente l’80% delle sostanze chimiche di sintesi nell’agricoltura europea entro il 2030, a cominciare dai più pericolosi, affinché l’agricoltura diventi libera al 100% dai pesticidi entro il 2035.
  2. Ridare spazio alla Natura e fermare la perdita di biodiversità: ripristinare gli ecosistemi naturali nelle zone agricole affinché l’agricoltura diventi un fattore di recupero e non la principale causa della perdita di biodiversità in Europa.
  3. Sostenere gli agricoltori nella transizione ecologica del settore primario: riformare la Politica Agricola Comune dando priorità all’agricoltura su piccola scala, diversificata e sostenibile, promuovendo un rapido aumento delle pratiche agroecologiche e biologiche, la formazione e la ricerca scientifica indipendente per una agricoltura senza pesticidi e OGM.

Per il lancio dell’ICE per la tutela delle api e degli agricoltori le Associazioni promotrici e aderenti si sono mobilitate in tutta Europa:
Franco Ferroni, Responsabile Agricoltura e Biodiversità del WWF Italia ha dichiarato: “La raccolta di firme per questa ICE, lanciata oggi, proseguirà per quasi tutto il 2020, un anno fondamentale per le sorti dell’agricoltura e della biodiversità in Europa, il 2020 sarà infatti l’anno internazionale della biodiversità che definirà la nuova Strategia 2020-2030 per fermare la perdita di specie e habitat a livello globale, l’anno della riforma della PAC post 2020 in Europa e l’anno dell’entrata in vigore in Italia del nuovo Piano di Azione Nazionale per i pesticidi (PAN). Il successo di questa ICE potrà fare davvero la differenza spingendo i nostri politici ad assumere decisioni coraggiose e lungimiranti per sostenere un vero “New Deal Green” per le persone e la natura, attraverso una transizione ecologica dell’agricoltura libera dai pesticidi”.
Helmut Burtscher, esperto di pesticidi e prodotti chimici di Global 2000/Friends of the Earth Austria ha dichiarato: “Solo un’agricoltura sostenibile e priva di pesticidi può garantire l’approvvigionamento alimentare delle generazioni presenti e future e fornire risposte alle crescenti sfide poste dal cambiamento climatico. Inoltre, contribuisce alla conservazione della biodiversità e riduce le emissioni di gas serra. Una politica agricola europea responsabile deve quindi promuovere l’ulteriore sviluppo di metodi agroecologici e sostenere gli agricoltori nella loro transizione verso una produzione senza pesticidi”.
Veronika Feicht dell’Istituto per l’ambiente di Monaco di Baviera ha dichiarato: “Stiamo portando la lotta contro i pesticidi sintetici a livello europeo, dando ai cittadini di tutta Europa che chiedono un nuovo sistema agricolo la possibilità di esprimersi con una sola voce. I cittadini reclamano un sistema che non danneggi la biodiversità e gli ecosistemi, che non metta a dura prova la salute dei consumatori, ma che invece garantisca il sostentamento per api e agricoltori ed sia più sano per le persone. Con la nostra iniziativa ci impegniamo a fare di questo tipo di agricoltura una realtà in tutta Europa”.
François Veillerette, direttore di Générations Futures, ha dichiarato: “Invitiamo i cittadini europei a sostenere massivamente questa iniziativa per una graduale rapida eliminazione di tutti i pesticidi sintetici nell’UE. Speriamo che milioni di persone si uniscano presto alle nostre richieste di vietare i pesticidi, trasformare l’agricoltura, sostenere gli agricoltori nella transizione e salvare la biodiversità”.
La campagna ICE è gestita da un’ampia alleanza di Associazioni ed organizzazioni della società civile che si occupano di ambiente, salute, agricoltura e apicoltura. Tra molte altre, le organizzazioni promotrici comprendono le reti europee Friends of the Earth Europe e Pesticide Action Network (PAN), nonché l’Istituto per l’ambiente di Monaco di Baviera, la fondazione Aurelia (Germania), Générations Futures (Francia) e GLOBAL 2000/Friends of the Earth Austria. In Italia parteciperanno attivamente alla raccolta delle firme per questa ICE, il WWF Italia, FederBio, ISDE Medici per l’Ambiente, l’Istituto Ramazzini di Bologna, il Comitato Marcia Stop Pesticidi, il Comitato NO Pesticidi dell’Emilia Romagna, la Rete Contadina.


NOTE
[1] www.savebeesandfarmers.eu
[2] https://www.ipbes.net/news/Media-Release-Global-Assessment
Le api e gli altri impollinatori sono indispensabili per preservare i nostri ecosistemi e la biodiversità. Fino a un terzo della nostra produzione alimentare e due terzi della frutta e della verdura che consumiamo quotidianamente dipendono dall’impollinazione da parte delle api e di altri insetti. Tuttavia, la loro stessa esistenza è minacciata dalla costante contaminazione da pesticidi e dalla perdita del loro habitat a causa dell’agricoltura industriale.
[3] Il rapido declino delle piccole aziende agricole e della fauna selvatica è profondamente radicato nel nostro attuale modello di produzione agroalimentare che si basa fortemente sull’agricoltura monoculturale su larga scala e sull’uso di pesticidi sintetici. A peggiorare le cose, l’UE finanzia attivamente questa forma di agricoltura attraverso la sua attuale agenda agropolitica e il suo sistema di sovvenzioni che favorisce la produzione di massa rispetto ad un’agricoltura su piccola scala ed ecologica.

http://www.foeeurope.org/sites/default/files/publications/nyeleni_eca_-_more_farmers_better_food_25.03.2019_0.pdf
Roma, 25 novembre 2019

La storia infinita delle villette di Ganda. I magistrati: «Ora vanno demolite»

Da L’Eco di Bergamo del 25 Novembre 2019

Aviatico. Dopo quasi dieci anni di corsi, controricorsi, appelli e persino istanze alla Corte europea dei Diritti dell’uomo, la Procura generale della Corte d’appello di Brescia ha ordinato alla proprietà l’abbattimento delle tre villette costruite quasi dieci anni fa in un’area agricolo-montana. Il Wwf Bergamo auspica che si proceda «con urgenza al ripristino dei luoghi riportando l’ambiente naturale alle sue finalità ecologiche».

L’ultimo atto è l’ordinanza del giudice d’esecuzione della Prima sezione penale della Procura generale della Corte d’appello di Brescia, emessa alla fine del mese scorso, che ha intimato alla proprietà l’abbattimento delle tre villette costruite quasi dieci anni fa in un’area agricolo-montana a Ganda.

Tutto è iniziato nei primi mesi del 2010, quando il Comune aveva rilasciato il permesso di costruire ai proprietari dei terreni prativi posti su un valico poco sopra i 1.000 metri, oggetto di protezione faunistica provinciale per la presenza di rotte migratorie dell’avifauna. Il Wwf all’inizio dei lavori aveva presentato un esposto alla Procura di Bergamo. Dal mese di luglio del 2010 ha avuto inizio una «battaglia legale» a suon di ricorsi tra i legali del Wwf e dei proprietari. E con due direttive, una amministrativa, l’altra penale, che inizialmente sembravano dare ragioni ai proprietari. Ma non era finita: il 21 aprile 2016 la sentenza della Corte d’appello di Brescia ribaltava tutto. Tra i condannati per l’abuso, oltre alla proprietà, al progettista e alla ditta che aveva eseguito i lavori, anche il consulente tecnico del Comune, Michele Villarboito, che nel frattempo era diventato sindaco e che per questa condanna, in base alla legge Severino, era decaduto dalla carica nel 2017, sei mesi prima del voto. La Cassazione, nel maggio di due anni fa, respinse i ricorsi e ingiunse l’abbattimento dei tre fabbricati. Tutto finito? Macché. Il 21 agosto 2018 la Corte d’appello di Brescia sollecitava l’esecuzione dell’abbattimento delle villette al nuovo sindaco, Mattia Carrara, che emetteva l’ordinanza di abbattimento. Ma l’ordinanza era oggetto ancora di ricorso al Tar da parte della proprietà, che si è rivolta, nel frattempo, anche alla Corte di giustizia europea per i Diritti dell’uomo, presentando, nel contempo, richiesta di sanatoria. La domanda, però, come comunicato dal Comune, «non poteva essere considerata per la mancata demolizione entro i 90 giorni prevista dall’ordinanza», mancanza che di fatto ha fatto passare la proprietà dei fabbricati dai privati al Comune.

Dopo ulteriori passaggi fra Tar e Consiglio di Stato e in seguito ad altri ricorsi e memorie del Wwf, il 29 ottobre scorso è stata depositata dal giudice d’esecuzione delle sentenze della Corte d’appello di Brescia l’ordinanza con la quale viene rigettata sia la richiesta di sospensione per l’abbattimento delle villette fino all’esito della procedura in sanatoria, sia la richiesta di attendere la decisione della Corte europea dei Diritti dell’uomo (il giudice non ha ritenuto leso il diritto di proprietà), confermando l’ordine di demolizione.

L’auspicio del Wwf Bergamo è che si proceda «con urgenza al ripristino dei luoghi riportando l’ambiente naturale alle sue finalità ecologiche». A questo proposito, esiste un fondo di demolizione in aiuto dei sindaci per le spese di abbattimento di immobili abusivi. Quando i sindaci devono procedere alla demolizione di immobili si trovano in difficoltà per il reperimento dei fondi, ma è possibile recuperare i soldi attribuendo le spese alle persone ritenute colpevoli dei reati contestati. In aiuto dei sindaci, infatti, viene incontro il fondo demolizione opere abusive istituito nel 2003. In pratica, il sindaco può chiedere l’anticipazione delle somme necessarie per la demolizione alla Cassa depositi e prestiti che gestisce il fondo. Queste somme dovranno poi essere restituite alla stessa Cassa entro 60 giorni dalla data in cui il Comune recupererà i soldi coattivamente dai responsabili degli abusi.

E non esiste alcun vincolo in caso di ricorsi alla Corte europea dei Diritti umani in quanto, come ha specificato l’ordinanza del giudice di esecuzione nel caso di Aviatico, si tratta di una sentenza penale emessa dal supremo organo di giustizia di uno Stato che, seppur membro dell’Unione, tuttavia esercita le sue prerogative in applicazione di precise norme emesse nell’ambito del suo ordinamento giudiziario nel corso degli anni.

Clima, la perdita di biodiversità costa. Ecco perché abbiamo lanciato un decalogo

Un milione di specie animali a rischio e la perdita di biodiversità costa più di una volta e mezza il Pil globale, per una cifra che arriva a 145mila miliardi di dollari l’anno. Questi alcuni dei dati raccontati da Sir Robert Watson, esperto internazionale di tematiche ambientali e direttore del Tyndall Centre for Climate Change Research, a Roma per la 32esima Peccei Lecture organizzata da Wwf Italia, Club di Roma e Fondazione Aurelio Peccei, con il sostegno di Novamont.

“I cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità si devono affrontare insieme e ora” dice Watson, spiegando come l’uomo sia colpevole di aver “trasformato il 75% della superficie delle terre emerse, provocato impatti cumulativi per il 66% degli oceani e distrutto l’80% delle zone umide”. La sfida più grande è proprio fare vivere l’uomo in armonia con la natura e per renderlo possibile serve “una politica globale che permetta di integrare il capitale naturale nei sistemi di contabilità nazionale, applicare incentivi a produzioni e consumi sostenibili, oltre ad aumentare le aree protette”.

Alla Peccei Lecture, moderata dal direttore scientifico del Wwf Italia Gianfranco Bologna, è seguito un confronto fra il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti, Catia Bastioli di Novamont, il portavoce di Asvis Enrico Giovannini, il presidente della stazione zoologica A. Dohrn Roberto Danovaro, il direttore generale del Wwf Italia Gaetano Benedetto e il presidente della Fondazione Aurelio Peccei, Roberto Peccei. Per tutti il 2020 dovrà segnare una vera svolta per la salvaguardia della biodiversità.

E per rendere possibile questo cambio di rotta anche in Italia, il Wwf ha lanciato il decalogo per un New Deal for People and Nature, col fine di arrestare la perdita di biodiversità e rendere operativi e concreti gli sforzi necessari per la strategia 2020-2030:

1. Biodiversità: si deve attuare un piano di azione per la conservazione della Natura, rafforzare il sistema delle aree protette e sviluppare un programma nazionale di restauro degli habitat degradati.

2. Clima e Energia: entro il 2030 si devono ridurre almeno del 55% delle emissioni e accelerare la giusta transizione verso un’economia totalmente decarbonizzata.

3. Governo dell’Ambiente: per gestire la conversione ecologica del sistema produttivo, si dovranno istituire un ministro per la Transizione ecologica e la Sostenibilità e un tavolo di confronto sulla giusta transizione presso la presidenza del Consiglio dei ministri.

4. Sviluppo sostenibile: il valore del capitale naturale deve essere integrato negli strumenti di programmazione economico-finanziaria delle imprese e dell’amministrazione pubblica, e calcolato nelle politiche settoriali a tutti i livelli, come proposto dal Comitato nazionale per il Capitale naturale.

5. Agricoltura: promuovere la transizione agroecologica delle filiere agricole.

6. Acque interne: Entro il 2027 va raggiunto l’obiettivo europeo del “buono stato ecologico” dei corpi idrici, aumentando almeno dal 20% al 50% la quota dei fondi nazionali per la riduzione del rischio idrogeologico.

7. Acque marine: gestire le risorse del mare con un approccio ecosistemico, che integri reti di aree marine protette e una gestione sostenibile delle attività di pesca.

8. Foreste: mantenere e incrementare la qualità degli ecosistemi forestali nazionali e i benefici che ne derivano.

9. Aree urbane: attuazione di una norma che stabilisca obiettivi nazionali e regionali per fermare il consumo di aree libere, incentivando una rigenerazione urbana che consideri il suolo bene comune e risorsa non rinnovabile.

10. Trasporti e infrastrutture: favorire le modalità di trasporto a basso consumo di suolo e low carbon con un Piano nazionale della mobilità aggiornato.